Nel 1344
Matteo Corsini a ventidue anni non ancora compiuti iniziava la vita del
mercante avviandosi verso i centri commerciali dell'Europa del nord, dove
già altri membri della sua famiglia si erano stabiliti e avevano
con profitto operato fino ad allora. Egli si recò presso Lotto
Stracciabendi e Giorgio di Cherchino a Londra, dove unì, alla attività
finanziaria, quella di mercante di panni e di aringhe, che svolse insieme
ai fratelli Duccio e Bartolomeo, da tempo operanti in Inghilterra, e Giovanni,
rimasto a Firenze. Era un periodo durissimo per le imprese fiorentine
che si erano trovate esposte con i loro capitali al tracollo finanziario
inglese del 1343. Di tutte le famiglie fiorentine colpite dalla crisi
del 1343, quella dei Corsini fu una delle prime a riprendersi. Trasferitisi
a Firenze da Poggibonsi subito dopo la metà del XIII secolo, essi
si erano stabiliti nella zona di Oltrarno, e precisamente nel popolo di
San Felice in Piazza, ben presto, attraverso l'esercizio del commercio
e dell'arte della lana, accumularono notevoli ricchezze e cominciarono
a rappresentare una parte via via sempre più importante nel quadro
della politica cittadina. Primo grande personaggio della famiglia fu Neri
di Corsino, vissuto tra il 1244 e il 1318, otto volte priore e nel 1295
gonfaloniere di giustizia.
" Ricordanza che io Matteo figliolo che fu di Nicholò de'
Chorsini del popolo di San Filice in Piaza, mi partì di Firenze
per andare a Londra inn Ighiltera a dì .XXIJ. d'aprile anno
.MCCCXLIIIJ°. e giunsi lae dì .j. di giugno, puosemi a stare
a
la muneta cho Lotto Stracabendi e con Giorgio di Cherchino.
E nel medesimo anno, dì .j. di dicebre partimi da Gernamuda
con .CLX. balle d'aringhe e andai a Bordello in Guascogna a
venderle e tornai a Londra i kalende di magio 1345. E
nel'ano .MCCCXLV. mi partì di Bristo cho .XL. panni e andai
con essi a Lisbona in Portogallo e là giugnemo dì .VIIIJ.
d'agosto e tornai a Brugia di .J. di genaio........"
Dal: IL LIBRO DI RICORDANZE DEI CORSINI (1362-1457)
a cura di A. Petrucci- Roma, 1965.
Seicentoventi circa anni dopo il Marchese Neri dei Principi Corsini, borghesemente
noto come dottor Neri Corsini era un brillante personaggio di Firenze:
occhio azzurro garbatamente ironico, pelo biondo rosso, baffo astuto si
occupava di moltissime cose. Cavalli, aziende agricole nel Mugello di
famiglia, Circolo di 'marca', amici e amiche 'doc', cinque figli. Fra
le tante cose si occupava anche di una piccola azienda che produceva solfato
di rame per l'agricoltura e polvere di rame e di stagno per la sinterizzazione
. Corsini aveva indotto la FIAT ad attrezzarsi con un reparto presse e
la riforniva regolarmente di polvere di rame e di stagno con le quali
la FIAT stampava bronzine per i suoi motori. Neri Corsini mi aveva assoldato
nel 1958 perché gli curassi il mercato Torinese e negli anni successivi
ero stato promosso
alla responsabilità di Lombardia e Piemonte. Guadagnavo una cifra
che allora fluttuava secondo gli umori del 'capo' intorno alle 100.000
mensili: pendolavo sulla Torino-Milano (allora a due sole corsie) con
una 500 e battevo l'hinterland industriale milanese tre giorni alla settimana.
Gli altri tre frequentavo Architettura e curavo i clienti Torinesi che
erano tre fabbricanti di mole abrasive, una industria di freni e frizioni
ad Alpignano, una industria di pezzi meccanici vari (FIPS in via de Sanctis)
e la FIAT alla quale l'APE di Firenze (così si chiamava l'impero
industriale di Neri) consegnava il 90% della sua produzione. La fornitura
FIAT era vitale: senza le 40 tonnellate annuali di quel contratto il buon
Neri doveva chiudere l'azienda. Il rinnovo del contratto annuale di fornitura
'in conto trasformazione' era un tormentone che vedeva epici scontri tra
il 'marchese Neri dei principi' e un comune ragionier Bonacossa della
FIAT Ricambi che, come unico mandato negoziale dalla 'direzione generale
acquisti', entità irraggiungibile e iperuranica per i comuni mortali,
aveva quello di confermare l'ordine alle condizioni dell'anno appena trascorso.
La FIAT sapeva benissimo che senza il suo contratto Corsini doveva chiudere
e il ragionier Bonacossa era un perfetto interprete di questa consapevolezza:
freddissimo consegnava l'ukase del quale era latore e con un ghigno da
poker ascoltava, non senza visibile godimento, le perorazioni di Corsini.
Io assistevo al tutto cercando di interagire a sostegno di Neri con risultati
assolutamente irrilevanti sul piano del convincimento. Corsini mi investiva
del suo nervosismo prima degli incontri e io partecipavo con grande convinzione
alla sua incazzatura dopo gli incontri: a suo dire ero indispensabile,
ma non ho mai capito bene a cosa. Ogni rinnovo richiedeva almeno tre incontri
che si ripetevano secondo una liturgia perfettamente identica: Corsini
enunciava tutti gli aumenti intercorsi (energia, contratto di lavoro,
trasporti, imballaggio, tasse etc.), Bonacossa comunicava icastico il
suo messaggio 'stesso rame, stesso prezzo', Corsini ripeteva i suoi argomenti
con qualche angoscia in più. Fra un incontro e l'altro si cercava
l'abboccamento con un sidereo ing. Poma in Corso Marconi, regolarmente
senza successo. Il trucco c'era: il rame wirebar elettrolitico che la
FIAT dava in conto trasformazione era molto richiesto sul mercato dei
metalli, mentre il processo di produzione della polvere era un processo
elettrolitico che poteva partire da rottami di rame anche scadenti. Corsini
prendeva il rame wirebar dalla FIAT lo vendeva alla quotazione massima
del London Metal Exchange e comperava rottami di 3a o 4a scelta a cifre
consistentemente più basse: essendo il suo processo di produzione
della polvere un processo di separazione elettrolitica comunque la qualità
di rame che avrebbe fornito alla FIAT sarebbe stata di rame elettrolitico
con quattro 9. Con la differenza fra i due prezzi copriva gli aumenti
dei suoi costi di produzione. Il contratto con la FIAT si chiudeva quando
Neri era riuscito a chiudere gli altri due contratti: il tutto era perfettamente
noto alla FIAT, ma non veniva mai apertamente dichiarato. Bonacossa si
limitava a qualche accenno fra il severo e l'allusivo e Corsini non raccoglieva
(quasi) mai la provocazione. Le cose diventavano piu difficili quando,
per il nervosismo dei mercati internazionali del rame, il circuito non
si chiudeva immediatamente. In genere, con qualche mal di pancia del Corsini,
l'operazione andava sempre a buon fine. Una volta siglato il contratto
(ovviamente alle condizioni FIAT) Corsini rientrava a Firenze e io mi
occupavo della 'grammatica': consegne, collaudi, controlli di qualità,
ritardi, visite di cortesia nel reparto della FIAT Ricambi. Uno dei problemi
che innescava allarme ed emergenza era quando la FIAT trovava la polvere
di rame ossidata: succedeva d'estate per la condensa dell'aria calda e
umida di Firenze nei sacchi durante il viaggio notturno sulla Cisa. Bisognava
ritirare la polvere mandarla a Firenze per un trattamento in forno di
riduzione e riportarla a Torino in tempi rapidissimi: chi faceva fermare
la 'catena' veniva marcato a fuoco ai tempi di Valletta. L'organizzazione
di queste operazioni era uno dei miei compiti più importanti, oltre
alla partecipazione, muta, agli scontri Bonacossa/Corsini. Un anno, mi
pare nel 61, un Corsini particolarmente nervoso, un Bonacossa più
feroce del solito, il London Metal Exchange disturbato da enormi acquisti
strategici Americani, il mercato dei rottami incerto, o chi sa quale altro
accidente, probabilmente anche la mia incapacità di smorzare la
rissa.... fatto sta che il rituale prese una piega diversa dal solito
e, prima che io riuscissi a intervenire, Neri concluse la visita con una
volgarità da Borgo San Frediano, più che da 'marchese dei
principi'. Il Bonacossa, solitamente di colore grigioverde, divenne scarlatto.
Il contratto non si firmò. Corsini uscì con uno sbattimento
di porta assolutamente intollerabile negli uffici acquisti FIAT e, tornato
a Firenze, dovette chiudere la sua fabbrichetta mandando a casa i dodici
operai per un anno. La FIAT comprò polvere di rame dai temutissimi
concorrenti della Metal Powders e io rimasi senza la mia commissione.
Dopo qualche mese vengo convocato d'urgenza in Corso Marconi dove un potente
Direttore Generale mi chiede di riprendere la fornitura immediatamente.
Era successo che con la polvere inglese, diversa come densità e
granulometria, le bronzine non erano riuscite con le caratteristiche di
porosità necessarie per garantire l'autolubrificazione: qualche
migliaio di 'millecento' avevano fuso il motore in garanzia. Una catastrofe
per l'etica Vallettiana. Piu' grave ancora l'alto dirigente interessato
aveva perso la sua 'fetta', e questo era veramente inaccettabile. Il godimento
di Corsini, il modo con il quale lo esprimeva, non era precisamente da
'marchese dei principi', ma certamente degno, per vigore fiorentino, degli
illustri antenati. Intervenni più volte per consigliare una adeguata
compunzione FIAT. Il ragionier Bonacossa, plumbeo, riprese il discorso
come se nulla fosse successo. Non aveva il solito mandato e chiese regolare
offerta. Quella sera grande festa all'APE di Firenze: in seguito l'episodio
è stato oggetto di plurime rievocazioni e io capii come nascono
le leggende.
Ogni tanto Corsini mi portava in Germania a trattare gli affari con la
rappresentata Mannesmann Pulvermetall: io guidavo per un migliaio di chilometri
la sua Giulietta sprint e lui mi raccontava vita, uomini, fatti, pettegolezzi,
progetti e programmi. Ascoltandolo ripensavo ai Corsini mercanti e finanzieri
(uomini di muneta) fiorentini, che qualche centinaio di anni prima avevano
costruito il sistema finanziario e dei grandi scambi commerciali in Europa.
Il sapore doveva essere quello. Ironia, strafottenza, amore per il rischio,
fascino garbato con le belle signore, cortesia associata con una naturale
capacità di disprezzare, spregiudicatezza e disinvoltura al limite
della acrobazia, apprezzamento del denaro senza grettezza, disponibilità
sportiva alla sfida, tenacia, competenza e la capacità di occuparsi
di tutto: dalla pulizia dell'ufficio all'intrattenimento del principe.
Insieme a tutte queste cose Corsini aveva una serena conoscenza del mondo,
il tratto semplice di chi si può permettere la modestia, forte
disponibilità al divertimento e forte disponibilità al lavoro,
coraggio e garbo naturale al comando. Gli scontri tra Corsini e Bonacossa
erano torte di mele rispetto alle interminabili torchiature con i tedeschi
di Monchengladbach. Lo stesso Corsini riconosceva che 'a petto de' tedeschi,
Bonahossa gli è un Duha'. Per Corsini e Mannesmann curai a Torino
la fornitura dell'intero reparto di sinterizzazione dello stabilimento
di Togliattigrad: era mio interlocutore, in colloqui estenuanti e di irrilevante
puntualità, un Vladimir Morozov che anni dopo, imperante Breznev,
incontrai in un ascensore dell'Hotel Rossija a Mosca. Era diventato un
direttore del Gosstekniki. Non so che fine abbia fatto.
La commissione sull'affare Mannesmann/Togliattigrad, un centinaio di milioni
di allora, se la tenne la filiale Mannesmann di Francoforte che, alla
fine, aveva firmato il contratto.
Neri, Marchese dei Principi Corsini, è morto, dolcemente , a Parigi
dove era andato anche per vedere l'Arc de Triomphe con la sua grande compagna
di vita Cristina. Era un uomo che aveva la classe per impartire formidabili
lezioni di vita.
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