La fine della guerra?
Lorenzo Matteoli
Perth 13 Aprile 2003

forget
Saddam! do something! help a kid with World Vision!
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A Mossul, Irkuk e Baghdad si sta esprimendo
il meglio della cultura mesopotamica e di quella occidentale.
Mi sembra una generale sconfitta di tutti: la Coalizione, gli Irakeni,
i pacifisti, l'Europa nuova e quella vecchia, la CIA, l'America e la Russia.
Clamoroso quanto scontato il fallimento delle Nazioni Unite oramai diventate
un immane, inutile e spesso dannosa burocrazia, specializzata nella cronicizzazione
sistematica di ogni problema: una necessità per alimentare l'esercito
di lussuosi burocrati che la soffoca. Nessuna certezza invece su Saddam
che forse ha negoziato la sua fuga e quella del suo harem di macellai
e se la sta godendo in una isoletta del pacifico tutta sua. Senza baffi.
Io non ci credo, ma la storia potrebbe essere verosimile. In fondo Saddam,
al tempo della guerra contro lIran, era un amico di Rumsfeld e di
Bush Sr...
Non ricordo più bene come se la cavavano i pacifisti del "senza
se e senza ma" con l'idea di lasciare Saddam e i suoi macellai forever
in control. Forse non se la cavavano affatto. Forse ignoravano il problema
con la furbizia degli struzzi. Meglio un macellaio Irako-islamico che
un macellaio yankee. Macellai e buoi dei paesi tuoi come si dice a Mossul.
In fondo chi comanda ha diritto di macellare i suoi comandati. Oppure
finché i macellati non si ribellano è giusto macellarli.
Oppure certi macellatori vanno bene e certi vanno meno bene. Mi è
difficile comprendere la logica di un pacifismo internazionale impegnato
nella difesa della pace senza se e senza ma. Una difesa che ha come necessario
corollario la difesa di Saddam e dei suoi simili nel mondo. Lo stesso
pacifismo che adesso chiede la democrazia per lIraq trascurando
il dettaglio che la democrazia in Iraq, se mai ci sarà, sarà
la necessaria conseguenza della eliminazione del regime di Saddam. Eliminazione
che, comunque, non avrebbe potuto che essere violenta e con un enorme
sacrificio di vite Irakene. La democrazia è sempre costata cara.
La gente nelle piazze del mondo mi commuoveva intensamente per la coralità
e per lonesta ingenua, ma il mio sospetto per le mobilitazioni
di massa restava. Il problema era ed è molto più complicato
degli slogan un po sciocchini "senza se e senza ma" e
la contraddizione "pace e Saddam" è obbiettivamente ipocrita,
inerentemente crudele e tutto sommato irresponsabile.
Di una cosa si può dare atto ai "movimenti": hanno dato
un formidabile contributo alla presa di coscienza pubblica mondiale del
fallimento della democrazia elettiva. Oramai grottesco fantasma degli
splendidi ideali che videro la sua nascita: oggi veicolo solo di corruzione,
stupidità volgare, inefficienza, arrroganza e prevaricazione burocratica
di sinistra, di centro e di destra. Il peggiore fra i sistemi di governo
diceva Churchill, ma anche lunico possibile. Forse aveva torto.
Lo scempio dellAmerican Dream fatto da Bush e Rumsfeld è
un altro trauma della mia generazione già tragicamente provata
dalla disperata agonia del Vietnam e da quarantanni di crimini internazionali
di Kissinger $ C. commessi in nome della "freedom and democracy made
in USA".
Così senza sogni, soffrendo la dose quotidiana di massacri TV e
con molto scetticismo siamo arrivati a Baghdad. Devo dire che ho provato
molta simpatia e stima per i soldati Irakeni che si arrendevano. Una scelta
saggia e dignitosa. La resistenza assurda delle truppe di elite e dei
Fedayeen importati è solo servita a provocare decine di migliaia
di morti in più e la difesa di Saddam non può comunque aspirare
al carisma delleroismo nemmeno nella proiezione storica di mezzo
secolo. Ma è una scelta che va rispettata. Abbiamo fatto questa
esperienza in Italia.
Lo spaventoso divario tra la macchina da guerra USA/UK/Australia e la
informe massa militare Irakena non avrebbe consentito altra soluzione:
la unica differenza sono le decine di migliaia di morti Irakeni in più
o in meno e le decine di morti in più o in meno nella "Coalizione".
Il dopoguerra.
Con la fine della guerra in arrivo si possono cominciare a fare considerazioni
più generali, certamente non conclusive.
a. Francia e Germania e Russia (la vecchia Europa) erano più interessate
ai loro contratti petroliferi con l'Iraq che non agli Irakeni torturati
da Saddam.
b. Anche i falchi US e UK erano interessati al petrolio Irakeno, lAustralia
ha aderito con meno interesse specifico se non in linea puramente idealistica,
come sempre ha fatto per rispetto alla "madrepatria" pagando
le innumerevoli Gallipoli con decine di migliaia di morti.
c. Francia, Germania, Russia, USA hanno tutte, in tempi diversi e recenti,
fornito a Saddam armi e strumenti di massacro.
d. I pacifisti per le piazze di tutto il mondo dichiaravano il NO alla
guerra del petrolio "senza se e senza ma", volutamente ignorando
la ineludibile conseguenza della continuazione del massacro quotidiano
di Irakeni/Kurdi/Sciiti e Sunniti da parte dei torturatori di Saddam.
Firmando, va dato atto, un messaggio globale terribile sul fallimento
della democrazia elettiva: game over, è tempo di speranza utopica
o di cinismo totale, a scelta.
e. LIraq ha pagato con decine e forse centinaia di migliaia di morti
la "liberazione" da Saddam: il numero esatto non lo sapremo
mai come non si conosce il numero esatto degli Irakeni morti nella prima
guerra del Golfo.
f. gli unici che hanno "resistito" con qualche accanimento alla
blitz-krieg sono stati i Fedayeen molti dei quali non erano Irakeni, ma
militanti Islamici importati.
g. i falchi alla fine hanno liberato gli Irakeni da Saddam pagando con
decine di vite di marines (135 il body count al 16 di Aprile), guadagnandosi
lostilità mondiale dei "movimenti" e lapprezzamento
degli "establishments", annientando decine di migliaia di soldati
Irakeni e molti civili, esponendosi al rischio della vendetta terroristica
e, infine, ponendo le basi per il loro controllo sul petrolio Irakeno.(vedi
nota 1)
h. L'Europa pagherà di nuovo cara la sua insipienza: se si voleva
evitare la guerra dignitosamente bisognava ammettere l'interesse petrolifero,
denunciare le forniture criminali degli USA, della Russia, della Francia
e della Germania e schierarsi decisamente per la libertà degli
Irakeni contro Saddam con fatti e non solo a parole.
i. Gli "ispettori" non avrebbero mai portato allabbattimento
del regime sanguinario.
Bush è arrogante e anche gli Stati Uniti hanno una storia sporca
di forniture a Saddam, Blair è un po' più decente. La guerra
e i massacri di civili sono stati orrendi, i saccheggi sono un segno agghiacciante
della cultura sociale maturata nel regime, e sono anche una vergogna per
l'esercito USA che ha pesanti responsabilità come esercito di occupazione
per i saccheggi e per il banditismo tollerato subito dopo l'ingresso nelle
città.
Ma, a questi costi, Saddam è stato eliminato e gli Irakeni ora
hanno una obbiettiva opzione di libertà. Hanno pagato con molte
vite e pagheranno ancora con il loro petrolio: forse ne valeva la pena.
La "libertà" e la "democrazia" (cfr Nota 2)
portate dagli altri non sono mai state gratis.
Ora dobbiamo scegliere fra falchi unti di petrolio che rischiano in proprio
e "liberano" gli Irakeni, e i furbi tacchini della vecchia Europa
egualmente unti di petrolio, che non rischiano nulla e che sacrificano,
per la pace con Saddam, gli Irakeni i Kurdi e gli Sciiti alla loro storia
di asservimento e tortura.
Le piazze continuano a gridare no alla guerra oppure si alla "democrazia"
in Iraq senza rendersi conto che un regime come quello di Saddam non si
abbatte con le sole parole anche se gridate da milioni di persone.
Il desiderio di pace è giusto, lorrore per la guerra è
universale, il diritto alla libertà sacrosanto: la domanda è
"a quale prezzo".
Se non si fosse mai pagato alcun prezzo per la libertà nei secoli
scorsi in quale mondo ci troveremmo oggi? Le tre grandi rivoluzioni dellOccidente
sono state inutili? La Magna Charta una formalità inconsistente?
La seconda guerra mondiale e le guerre civili Europee degli anni 40 dimenticate?
Lo strapotere degli Stati Uniti è motivo di preoccupazione specialmente
nelle mani di Bush/Rumsfeld/Cheney. (cfr Nota 3) Ma quello strapotere
è la conseguenza dello spazio lasciato libero dai conflitti di
interessi fra i paesi Europei e dalla debolezza istituzionale delle Nazioni
Unite.
Come non mi convinceva lo Chirac/Elf Aquitaine pacifista di quattro settimane
fa, non mi convince lo Chirac garantista di oggi.
Il controllo del petrolio Irakeno consentirà agli Stati Uniti una
decina di anni di respiro dallincubo della oil depletion: il vero
motivo della guerra. Come se la caverà lEuropa non è
ancora chiaro. La speculazione che la macchina finanziaria USA si appresta
a fare con la quota di controllo del mercato petrolifero in mano è
inimmaginabile: la leva finanziaria consentita vale molto di più
dello specifico valore delle riserve petrolifere e non ci sono dubbi sulla
ferocia con la quale questa strategia verrà applicata.
Vae Victis. Viva lIraq libero e "democratico" ... fra
qualche anno. Forse.

Lt. Major Petraeus: up to a different challenge, could that
be true? Hope so...
Lorenzo Matteoli
Perth, Aprile 13, 2003
Nota 1: il petrolio resterà
agli Irakeni e i profitti della sua vendita sui mercati mondiali saranno
del popolo Irakeno, ma il controllo quantitativo e temporale della immissione
sui mercati della "swing quota" consente una leva finanziaria
capace di restituire cifre molto superiori al valore intrinseco della
commmodity: un gioco nel quale il banditismo della finanza americana non
ha eguali.
Nota 2: lascio alle virgolette e al corsivo il compito di significare
le mie riserve sui concetti di democrazia e di libertà. Troppo
breve questo componimento per svolgere adeguatamente le implicazioni.
Nota
3: Karl Otto Honrich scrive:
............"For
Pyongyang, Iraq was the second shock and awe after Afghanistan,"
he wrote. "When Bush is determined to do something, he just goes
ahead. And America undoubtedly has the military prowess to carry out his
will. This message is sinking in with Kim Jong Il."
German officials hope not that American power will be reduced, but that
it can be curbed through reintegration into a newly built international
system. Publicly and privately, they say that American power is indispensable.
It is the unilateral use of that power, or, as some call it, its imperial
use, that has divided the alliance and alienated large majorities of European
public opinion. "
(vedi link per l'intero articolo)

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